Al rientro con madrepatria l’attendeva un malore di scenografia: fu “reclutata” dal stimato Gudmundur Ingolfsson Trio attraverso un intesa jazz alla radiotrasmittente di stato.

Al rientro con madrepatria l’attendeva un malore di scenografia: fu “reclutata” dal stimato Gudmundur Ingolfsson Trio attraverso un intesa jazz alla radiotrasmittente di stato.

Miglior presente dal destino non poteva agognare. Impressionando i tre navigati musicisti (pianoro, attutito e servizio) in la autorita del programma (standard internazionali e islandesi) e l’entusiastica adattamento, Bjork si rivelo una straordinario durante quanto singolare cantante jazz. Il composizione riscosse uno straordinario accaduto e molte repliche, alquanto https://hookupdates.net/it/incontri-di-viaggio da raffigurare inesorabile immortalarlo sopra un cerchio registrato live sopra studio, Gling-Glo (Bad Taste, maggio 1990), che divenne con lesto di platino. Ciononostante, quel perche piu conta, questa bravura fu la esplosione delle maestria canore di Bjork, di quel adatto avanzare a causa di fanciulleschi incanti, bestiali epifanie, puntigliose dedizioni. Appresso di giacche, inezie poteva abitare piu lo proprio. Vacuita lo sarebbe stato. Eccettuato, all’incirca, gli Sugarcubes, il cui terza parte libro figurato attendeva di spuntare.

La longa manus dell’Elektra intervenne a causa di proteggere qualitativamente il prodotto, ingaggiando il producer Paul Fox, precisamente al fatica mediante gli XTC. La raccolta si rivelo azzeccatissima. Stick Around For Joy (One Little Indian, febbraio 1992) fu un eccelso cantone del cigno. Registrato con Reykjavik e New York, mise sul tavolo arrangiamenti strutturati ma fluidi, vibranti e verso tinte forti, infarciti di trovate e citazioni (trombe vetrose, chitarre floydiane, corettini a la Tom Tom circolo, cori da stadio…) privo di per niente approssimarsi eccetto alla forza del sound. Le chitarre ribollivano di umori blues e spasmi wave, a un passo dal big rock e verso due dal synth-pop. Atmosfere e melodie parevano colte nel incisione tra animazione e oppressione, capaci di tremiti esplosivi (Hetero Sum), impetuosi baluginii Eno/U2 (Leash Called Love) e romanticherie strapazzate funk (Hit).

Bjork fece molto buon faccia per cattivo inganno da apporre verso atto le sue migliori esecuzioni “pop-rock” di costantemente, al affatto che per una I’m Hungry possiamo scoprire tracce evidenti di quella apprensiva grandiosita e del liricita triste giacche diverranno il conveniente bollo di edificio. Comunque, e a dispetto di la buona inclusione di analisi e mercato, la canterino non torno sulle decisioni in precedenza prese. Oramai l’attendeva la impiego solista. La chiamata dei mostri sacri U2, perche vollero i Sugarcubes maniera band di apertura dello Zoo Tv tour statunitense, servi solitario per differire l’inevitabile. Mediante la perspicace del ’92, i Sugarcubes cessarono di vivere. Bjork si trasferi verso Londra.

Alice nella City delle meraviglie

La spazio con Reykjavik e Londra, la City, e ben ancora estesa di quella indicata sul globo. Un’altra dimensione spazio/tempo, tutt’altro mescolanza di senso e sensi, corpi e culture, ritmi e successione. Bjork visse i primi tempi londinesi come un’Alice antropologa, insieme analitica incanto. La vincolo col dj inglese Dominic Thrupp esattamente l’aiuto ad infilarsi, ma e gratitudine alla sua deliberazione nell’eventualita che le intrecciare di Debut iniziarono verso classificarsi e radunarsi.

Coinvolse a vari livelli Birkett, Fox e Massey, contatto l’arpista Corky Hale, il percussionista indico Talvin Sigh e il sassofonista Oliver Lake degli Art Ensemble Of Chicago. Conseguentemente avvenne l’incontro decisivo mediante Nellee Hooper, precisamente producer per Soul II Soul e – particolarmente – Massive Attack. Frammezzo a i paio s’instauro un’intesa amniotica intorno verso quell’idea di pop maturato – felice, violento, avanguardistico – in quanto informera Debut (One Little Indian, luglio 1993). Il idea di tabula rasa insinuato dal legittimazione e con dose ingannevole. Chiaramente, verso la prima volta Bjork poteva fare copiosamente cio in quanto sentiva d’essere, e in codesto conoscenza si tratto del proprio autentico esordio. Ma il piatto portava perlopiu verso esaurimento i tanti segnali disseminati negli anni dalla islandese, organizzandoli con una punto di vista armonia questa consenso del compiutamente mutamento: fin dall’iniziale Human Behaviour l’amore a causa di il folk, il soul ed il jazz (latin tinge, vidimazione il samples da Go Down Dying di Jobim) sono mezzo rappresi sopra una brodo solidificato electro complessa anche se conciliante, portatrice di un fascino enigmatico ma del compiutamente votato alla godimento popular, su cui Bjork esala la sinuosa garbo e le sfrangiature ferine modo in passato con anteriore, solitario domate, con non molti prassi rispettose dei ranghi estetici mediante cui si trovarono ad “accadere”.

La classe di Venus As per Boy, soul-jazz in mezzo a palpiti digitali e le volute esotiche degli archi arrangiati da Talvin Sigh, l’estasi diafana e retro di Like Someone durante Love (arpa e suono per onesto brama), il downtempo tenero di modo To Me (tipo di Night And Day post-moderna), trovano gradevole contraltare nel secco dance irriflessivo e cordiale di Big Time Sensuality, nella febbrile spinta techno di Violently Happy e nella somma mediante quattro sudaticcia di There’s More To Life Than This (mediante la geniale trovata del cantone “a cappella” nel toilette del Milk Bar – mezzo un scaraventare nelle coordinate concrete del ambiente, di quel ambiente – e un corettino giacche rimanda per Wanna Be Startin’ Somethin’ di Michael Jackson).

Una elenco eterogenea cosicche la particolare abbreviazione espressiva di Bjork unifica col suo manifestarsi implume e selvaggio, la voce di una che vive dentro ciononostante resta abile di osservare da lontano, di emergere sopra un mondo affinche le e estraneo e cosicche adora, verso sforzo di ferirsi eppure provando per umiliare. Rimanendo sopra incertezza in mezzo a squallore sensuale e bramosia di nascondersi, in mezzo a angoscia e asta.

Sensazioni contraddittorie che dipingono un quadro metropolitano insieme la emotivita e l’angolazione affinche soltanto un angelo morto in guerra poteva permettersi.

Quale firma della schema originaria (elenco cosicche nelle successive edizioni tocchera alla torva splendore di Play Dead, passo riservato in la colonna sonora di Young Americans, lungometraggio di David Arnold), The Anchor Song corrisponde a attuale identikit alieno, col suo installazione jazz rovinato, soffio cameristico attraverso ottoni cartilaginosi (non differente da certe diafane concrezioni Talk Talk) e la tono appesa a un’apprensione sul base di inabissarsi nel oscurita della attivita. Un rebus compiutamente da re-inventare.

Parecchio spreco di acume e stimolo doveva attendersi un importante verifica, ma il evento di Debut fu addirittura unito trauma: piu in la veicolo milione di copie mediante tre mesi, affinche poi prossimo tre mesi divennero un quantita (nel diluito stagione saranno intorno a tre milioni). I media strinsero ora un feroce assedio intorno a Bjork, eletta subito ad spontaneo avvenimento pop-rock, ed ringraziamenti alla franca stravaganza delle sue interviste, moltissimo generose e sfrenate stima alla media. Verso quel base occorreva apprestare una band per caldeggiare le pressanti indigenza promozionali, tuttavia, al posto di abbandonarsi verso turnisti prezzolati, la ragazza scelse di inseguire un live sound piuttosto comprensivo e internazionale: confermato Talvin Sigh alle percussioni, recluto un percussionista saraceno, una tastierista iraniana, un bassista caraibico…

Lo meta periodo costruirsi d’intorno una compagnia in cui l’intreccio anticonvenzionale delle rispettive cifre espressive contasse ancora delle competenze tecniche.

Attendibile in quanto sopra tal modo Bjork intendesse replicare lo anima anarcoide dei Sugarcubes. Con ciascuno caso, e al to di numerose difficolta, mediante questo combo porto verso meta il tour europeo e americano.

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